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La storia del Verzellino....non perdetela

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La storia del Verzellino....non perdetela Empty La storia del Verzellino....non perdetela

Messaggio Da Cristiano Ferrari Dom Dic 11, 2011 9:48 pm

La storia del Verzellino....non perdetela Snacktime_top1-verzellino

Torno un pochino indietro nel tempo di qualche anno, era il 12 Giugno del 2001.
Mentre ero in casa intenta a fare ... ma che dico? Mica ricordo che stavo facendo!!
Comunque di botto Sara apre la porta di casa e corre da me con le mani chiuse a "scatola".
>Humm Sara non mi dire cosa nascondi tra le mani!>
>Se è un passerotto caduto dal nido, ti prego non farmelo vedere, lo sai che non siamo mai riuscite a salvare questi uccellini>.

"Ti prego ti prego mamma, guardalo solo ... è piccolo e quasi senza penne. Proviamo ti prego!!!"
Quando Sara aprì le mani sgranai gli occhi quasi incredula, apparve un piccolo essere con un grande addome, senza penne solo qualche piuma e un becco sproporzionato.


La storia del Verzellino....non perdetela Verzellino-picccolo

>E ora, Sara, che ne facciamo?<
Sara aveva in serbo mille ottimi motivi per convincermi ad occuparmi dell'uccellino, in fretta illustrò tutte le sue ragioni. Ottime nulla da dire.
>Poi si va in lacrime, come le altre volte ... vero Sara?<
"Mamma, almeno possiamo dire di aver provato".
>Questa creatura deve mangiare poco e spesso!! Io devo andare al lavoro e tu a scuola. Chi ci pensa?<

Ma la ricerca di buoni motivi che stavo chiedendo a Sara era solo una banalissima scusa, io per prima non avrei mai lasciato al suo destino quell'essere pigolante e quel grande becco che si apriva e chiudeva ad ogni mio movimento, mi fece decidere.
Ancora una volta avrei tentato.

Ma che tipo di uccellino sarà?
Ero sicura di aver conservato l'omogeneizzatore da qualche parte, quello utilizzato quando avevo i figli piccoli.
Apri cassetti, chiudi cassetti una ricerca minuziosa che alla fine portò al ritrovamento dell'attrezzo.
Nel frattempo Sara decise di privarsi di una scatolina della sua collezione di bomboniere. Nobilissimo gesto che apprezzai molto ma rivelatore di una decisione irrevocabile.

Adagiò piano piano quella creaturina sopra un pezzettino di lenzuolo e attorno mise della bambagia per tenerlo coccolato e protetto.
E "lui" (decidemmo che doveva essere un maschietto) .... dove poteva mai andare?
In effetti, il solo movimento dell'apertura del becco e l'allungare quel minuscolo collo, gli procurava davvero uno sbandamento.

Con frenesia mi misi all'opera mettendo nel frullatore ciò che avevo a disposizione: le sementi del mio inseparabile e qualche goccia di acqua per amalgamare il tutto.
Frullato gli ingredienti a dovere provai, ad imbeccarlo con il classico cucchiaino.
"Accidentaccio!!! Ma questo non è un passerotto Sara, questo mangia davvero!!"
>Sara gongolava di gioia<
Aprì il becco e ingurgitò il cibo dal manico del cucchiaino, ingoiava e riapriva il becco barcollando e poi nuovamente fino ad addormentarsi sazio.
>Dobbiamo trovare un altro sistema, questo è un po' troppo macchinoso<.

Fu così che presi una siringa, tolsi l'ago, la riempii con il cibo omogeneizzato e quando compresi che avrebbe mangiato ancora, mi riavvicinai a lui che appena mi sentì aprì nuovamente il grande becco.
Infilai la siringa nel becco e con lo stantuffo premetti finché non fuoriuscì il cibo a forma di lombricotto.
Non vi dico: fu davvero uno spettacolo, non si dava pace e mangiava in continuazione, aveva scambiato la siringa per il becco della mamma ed il suo gozzo trasparente si riempiva a vista d'occhio.

I tempi per le "poppate" li stabilì da solo: quando aveva fame allungava il collo e cominciava a pigolare.
Fu così che pensai che questa volta sarebbe andata diversamente, presi fiducia e mi organizzai.
L'unica possibilità che avevo per nutrirlo regolarmente era portarlo con me in ufficio. Non avrebbe disturbato nè occupato troppo posto.

E così feci. Siringa e scatolina viaggiarono con me per circa 10 giorni ed in ufficio lo imbeccavo di tanto in tanto quando "chiamava" e anche un po' quando "potevo"; veramente in certi giorni era super nutrito perché arrivavano le colleghe per osservarlo mentre mangiava. I giorni trascorsero e dopo la prima settimana aveva già un abbozzo di penne belle lucide. Che soddisfazione io e la siringa eravamo diventate la sua mamma!

Con l'arrivo delle penne il vicinato (3 famiglie) presero parte alla "gara" per il riconoscimento della razza dell'uccellino.
Alla fine il dilemma era: verzellino o lucherino.
I canti sono leggermente diversi: Lucherino e Verzellino.
Si decise per verzellino e così lo chiamammo Luckiverz.

Col tempo, fui costretta ad abbandonare l'idea della scatolina, non era più adeguata alla sua crescita, tornò in auge una vecchia gabbia ancora in ottime condizioni e quella diventò la sua nuova dimora.
Di gabbie ne ho una vasta scelta in quanto tra canarini molto prolifici, cocorite e criceti super prolifici ebbi, a suo temo, una discreta famiglia.
Così, in casa, avevo due uccellini uno dei quali però un po' troppo focoso ed altrettanto curioso per non dire molto geloso: Pio.
Un ciangottio terrificante provenne dalla gabbia di Pio unico proprietario, fino a quel momento, della sala; le penne arruffate, gli occhietti stralunati ed il collo che girava su se stesso per controllare tutt'attorno mi fecero "girare" la testa.

Era tutto un "programma" ma non potevo cambiar canale oramai c'ero dentro fino al collo.
Pio si sarebbe dovuto rassegnare e condividere quello che prima era solo il SUO spazio e anche parte delle coccole.
L'unico pericolo era che avessero un contatto troppo ravvicinato.
Luckiverz nella gabbia restava solo quando in casa non c'era nessuno e di notte, il resto del tempo lo trascorreva sopra il tetto della gabbietta dove trovava da bere e qualche semente nel caso l'istinto lo sollecitasse a becchettare.

La sua alimentazione fu "potenziata" con l'aggiunta di qualche formica e qualche lombrichino, un raccolto che non mi entusiasmava molto ma era necessario.
Ormai era coperto di penne e le ali sembravano robuste pronte ad essere "usate" per il loro scopo: volare.
Da una mano posta in alto lo facevo cadere nell'altra più in basso, era un esercizio frequente e quotidiano; forse anche un po' stancante perché il suo cuoricino batteva forte ma intanto, secondo me, i suoi "geni ereditati" trovarono la memoria.
L'allenamento continuò per qualche giorno finché lo vidi prendere il volo spostandosi da un punto all'altro della stanza.
Continuava ancora a mangiare attraverso mamma siringa e se la vedeva, ovunque fosse Luckiverz arrivava immediatamente.






Presto non volle più dormire sul tetto della gabbia ma scelse (forse scambiandolo per un alberello) un mazzo di fiori misto secco e finto che tenevo sul camino, quella fu, per sempre, la sua dimora notturna.
Dal momento in cui iniziò a svolazzare per casa il pericolo di un incontro-scontro con Pio divenne una realtà. Luckiverz pensava forse di aver trovato "un suo simile" ma si accorse, nel giro di un secondo, che così non era. beccata
Pio, colta l'opportunità di averlo vicino, mise in pratica il piano che meditava da tempo: gli sferrò un colpo con il becco proprio sul capo che lo fece cadere a terra come un salame o meglio come quando cadde dal nido.
Ecco, ci mancava anche questa, e ora? La ferita nel capo era profonda, usciva un rigolo di sangue che mi spaventò. Lo disinfettai e pensai che per qualche giorno era meglio che soggiornasse all'interno della gabbia per un convalescenza tranquilla; Luckiverz restava fermo ed era un pò abbattuto, ma fortunatamente con tanta pazienza continuò a mangiare, restando volentieri sul palmo della mia mano mentre lo accarezzavo.
Entro pochi giorni la ferita si chiuse sembrò riprendersi splendidamente e quando tornò a volare se ne guardò bene dall'avvicinarsi all'altro essere pennuto con un becco ad uncino così potente. Non sarebbe mai stato un suo amico anche se "in comune" avevano le ali.
Quando si era a tavola arrivava in pochi secondi e ripuliva la tovaglia delle briciole, ci volava sulle spalle e restava accanto a noi.
Tutti tralasciammo la complicazione dei regalini ...... che lasciava dove capitava, questo era l'ultimo dei nostri problemi, considerato ciò che Luckiverz donava a noi.
Pian piano si era giunti a metà Luglio e volando cominciò a dirigersi contro la porta a vetri che da accesso al giardino, ci sbatteva contro violentemente, si riprendeva un attimo e riprovava.
"E' ora di farlo uscire", fu la decisione unanime della famiglia; con una sorta di timore che volasse via appoggiai sul davanzale la gabbia con dentro Luckiverz lasciando aperto lo sportellino e sul tetto sempre cibo, acqua e mamma siringa.
Poi rientrai sperando, onestamente ed egoisticamente, che non se ne andasse.
Ma in poco tempo quella via d'uscita lo portò alla scoperta di un mondo che ancora non conosceva ma che istintivamente sapeva "suo".
Prese il volo e da un albero si posò nell'altro. Chissà che effetto gli fece poter volare più a lungo in uno spazio così ampio e con tante novità!
"Non lo prenderemo ma più" disse Sara sconsolata, mi piaceva averlo in casa.
Le spiegai (anche se era già grandicella) che non era la sua vita quella di restare in gabbia ed era nostro dovere lasciarlo libero, noi dovevamo essere molto felici per l'opportunità avuta e del successo ottenuto.
Credete forse che non sia tornato?
Di tanto in tanto uscivo in giardino e lo chiamavo, mi prese quasi il torcicollo a causa del mio cercare "in alto" tra gli alberi, non lo vedevo ma avevo imparato a riconoscere il suo canto e mi rincuorava sentire che era nei pressi.
Luckiverz non rimase lontano a lungo e nel giro di mezz'oretta era già di ritorno, atterrò sopra la gabbia e fece uno spuntino come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Non so descrivere la gioia di tutti noi e le grida che Sara faceva. Non potevamo credere ai nostri occhi.
Temevamo fuggisse se fossimo usciti di casa ma non successe, si fece prendere tranquillamente e restava a lungo sulla mia spalla poi prendeva il volo. E ritornava.
Una scena molto simpatica (che non ho potuto mettere "in linea" per via dei volti) fu quando volò al piano superiore dove abita la mia mamma, lei era in terrazza e si posò sulla sua spalla, poi sulla testa. Mia mamma non sapeva se ridere o piangere stava ferma immobile per paura che se ne andasse, ma Luckiverz restò con lei a lungo. Credo non potrà mai dimenticare quel momento.
Una domenica pomeriggio, mia mamma ricevette in visita un'amica e mia cugina, eravamo seduti in giardino e si discorreva tranquillamente quando Luckiverz arrivò in volata appoggiandosi sulla spalla, restò un pochetto poi ripartì.
Sarebbe stato molto divertente poter riprendere lo sguardo delle due ospiti nel vedere Luckiverz, dissero, come tanti, che se non avessero visto con i propri occhi non avrebbero mai creduto al racconto del salvataggio del verzellino tanto meno al suo andirivieni, per noi ormai "naturale".
Ciliegina sulla torta: l'esibizione del ritorno di Luckiverz all'apparizione delle siringa che io mostravo con la mano rivolta verso l'alto mentre fischiettavo (tentavo di farlo) per chiamarlo.
Un Boeing 747 non avrebbe fatto un atterraggio così plateale come esagerata fu la quantità di cibo che inghiottì, fu così che si guadagnò un sacco di applausi e noi tanti complimenti.
Si avvicinava la fine di Luglio e con essa l'arrivo delle vacanze estive, saremmo andati al mare per dieci giorni e dovevamo lasciare Luckiverz, di lui si sarebbe occupata la mia mamma che disse: "tanto questo non becca!" riferendosi a Pio.
Arrivò l'inizio di Agosto, tutto proseguiva come sempre, Luckiverz andava e veniva a suo piacere si lasciava ancora prendere e ancora era al settimo cielo alla vista di mamma siringa.
Partimmo a malincuore per il mare, la prima settimana di Agosto, credendo sinceramente che non l'avremmo rivisto.
Durante le telefonate a casa alla mia mamma chiedevo anche notizie del verzellino e, strano a dirsi, mi sentivo sempre dire: c'è ancora.
Potrà sembrare pure stupido ma, pur sapendo che prima o poi se ne sarebbe davvero andato, speravo di rivederlo al rientro.
E così fu. Restò con noi fino al 22 Agosto praticamente ancora due giorni dopo il nostro rientro.
Lasciai la gabbia al suo posto ancora qualche tempo sempre con cibo, acqua e mamma siringa.
Questa volta aveva proprio acquistato la libertà seguendo la "sua" strada. Forse l'anno seguente ...... chissà potevamo pure rivederlo.
A quel tempo non avevo altro che una macchina fotografica "normale", pensai di noleggiare una videocamera per poter riprendere quell'incredibile uccellino e ricordare un'esperienza che credevo unica.
Così feci e dedicai diversi giorni a riprendere Luckiverz ed ora posso rivederlo, ancora gioire e ancora sorprendermi. Io, come il resto di tutta la famiglia, non potremo mai dimenticare quest'avventura.


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Fonte http://angelapercaso.interfree.it/verzellino/verzellino-index.html
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