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L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE EPATOPATIE
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L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE EPATOPATIE
Massimo Riva ha scritto:L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE
EPATOPATIE DEI FRINGILLIDI
DOTT. SAGGESE RENATO [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Med. Vet. Libero professionista
Laureato presso l’Università Federico II di Napoli.
LA PIANTA
E’ una pianta erbacea, appartenente alla famiglia delle Asteraceae (Composite), biennale, tipica delle zone mediterranee, dal mare fino alla zona submontana. Possiede un fusto eretto, poco ramificato con grandi foglie glabre dal margine spinoso di colore verde lucido variegato di bianco. I fiori sono rosso-violacei in grossi capolini all’estremità dei rami circondati da squame appuntite che osservando da vicino fanno ricordare il carciofo, mentre i frutti sono acheni di colore scuro chiazzati di bianco. I semi si raccolgono nei mesi di luglio e agosto, quando i capolini dopo la fioritura cominciano ad aprirsi; si recidono e si lasciano asciugare, segue la battitura e la setacciatura per la separazione delle parti estranee.
PROPRIETA’ CURATIVE
Le virtù medicamentose del cardo mariano sono note fin dall’antichità per la sua efficacia come tonico epatico. Recentemente i numerosi lavori effettuati su modelli animali affetti da lesioni epatiche, organi isolati e colture di epatociti, hanno dimostrato l’utilità di questa pianta sul funzionamento del fegato. Si è riscontrato infatti che la somministrazione di estratti di cardo mariano sopprime o diminuisce l’effetto delle sostanze epatotossiche che inducono la necrosi o la cirrosi epatica. La pianta deve le sue proprietà ad alcuni costituenti chimici particolari, estratti dai frutti, come i flavanolignani, la cui miscela viene chiamata "silimarina" (silibina, silicristina e silidianina). La silimarina possiede numerose proprieta’farmacologiche che si possono racchiudere in due azioni principali: azione epatoprotettiva ed azione tonica. La prima si riferisce alla sua attività epatoprotettiva, antinecrotica e lipotropa migliorando la funzionalità dell’epatocita attraverso due meccanisimi: stabilizzazione delle membrane ed effetto biometabolico. Attraverso il primo meccanismo, innescato dall’attivazione dell’enzima super ossido dismutasi, la silimarina impedirebbe alle sostanze epatotossiche di penetrare nella cellula epatica e quindi di svolgere la loro azione tossica esprimendo in tal modo un’ azione antiradicalica 10 volte superiore a quella della vitamina E. Attraverso il secondo meccanismo la silimarina sarebbe in grado di stimolare la sintesi di RNA ribosomiale che si tradurrebbe in un aumento della sintesi proteica indispensabile per una accellerata rigenerazione. La silimarina inoltre è in grado di antagonizzare, per blocco recettoriale, la tossina dell’Amanita Falloides. L’azione tonica, invece, e’ legata sia alla presenza di tiramina ( amina simpaticomimetica) che al complesso silimarina che, ottimizzando la funzionalità epatica, migliora il metabolismo generale e l’utilizzo delle risorse energetiche. Riassumendo: la silimarina agisce direttamente sulla cellula epatica rendendo più difficile l’assorbimento di tossine e favorendo una più veloce rigenerazione del fegato ed inoltre agendo contro i radicali liberi( prodotti dal metabolismo cellulare e/o da agenti esterni) impedisce a certi prodotti tossici per le cellule epatiche di danneggiarne le membrane attraverso l’ossidazione dei propri lipidi.
LE CAUSE DI EPATOPATIE NEI FRINGILLIDI
Le principali cause di sofferenza epatica nei fringillidi di allevamento sono sicuramente di natura tossico-infettiva. Si indica con tale termine uno stato dismetabolico indotto dalla presenza nell’organismo di sostanze tossiche di natura esogena ed endogena che interferiscono con l’attività disintossicante del fegato. Quindi numerose sono le problematiche alla base delle patologie epatiche che nei nostri fringillidi si manifestano sovente con un ingrossamento di detto organo( epatomegalia) e l’emissione di feci giallo-verdastre (biliverdinuria).L’ingrossamento del fegato può essere notato all’esame dell’addome come una macchia scura, debordante l’arco costale che in taluni casi può addirittura essere l’unico elemento riscontrato occupando l’intero addome. Tuttavia le principali cause di epatomegalia sono legate ad errori alimentari,come diete ricche di grassi e proteine, determinando un sovraccarico, un "superlavoro" del fegato che non è in grado di smaltire l’eccesso di grassi. Anche la contaminazione dei semi da parte di muffe può alterare l’omeostasi epatica, attraverso l’ingestione di micotossine che sono metabolizzate dalle stesse e molte delle quali sono epatotossiche. L’eccesso di proteine agirebbe, invece, alterando la microflora intestinale dal momento che la digestione delle proteine determinerebbe un rialzo del Ph con uno spostamento verso l’alcalinità favorendo la proliferazione batterica nociva con conseguente infiammazione "flogosi" delle anse intestinali. La flogosi intestinale quindi favorirebbe non solo un maggior assorbimento di metaboliti tossici, prodotti dai batteri, ma anche quelli costantemente presenti nella normale alimentazione. Con identico meccanismo, nei confronti del fegato, agirebbero le parassitosi intestinali tra cui la coccidiosi è quella che occupa il primo posto tra le cause di epatomegalia nei fringillidi indigeni europei. Infatti l’infiammazione indotta da tale protozoo sulla parete intestinale determina un aumento della permeabilità dei vasi sanguigni intestinali con maggior assorbimento di sostanze nocive che bombardano a livello metabolico la cellula epatica. Molto spesso le terapie anticoccidiche, pur bloccando la replicazione a livello intestinale, non sempre riescono nel recupero totale del soggetto dal momento che può permanere una sorta di insufficienza epatica che a lungo andare potrebbe portare alla perdita del soggetto. In alcuni casi infatti le cellule epatiche non riescono a recuperare, attraverso la rigenerazione, le capacità metaboliche primitive dal momento che il numero delle cellule attive è insufficiente a poter smaltire il sovraccarico di lavoro.
RISULTATI DI CASI CLINICI
Il cardo mariano è stato utilizzato sotto forma di estratto contenente non meno del 70-80% di silimarina titolata e standardizzata. In commercio esistono numerosi prodotti farmaceutici a base di silimarina sotto forma di capsule, compresse, sciroppi e granulati, utilizzati sia per uso umano che veterinario. Il prodotto da me usato nella mia piccola sperimentazione è per uso veterinario, contenente oltre silimarina anche farina di fegato, lievito di birra e MOS(mannano-oligo-saccaridi). La dose utilizzata è stata estrapolata da quella usata nei mammiferi, vale a dire 6mg/kg/die. Considerando però che un cardellino, un canarino, un fringuello ecc., hanno un metabolismo molto più intenso dei mammiferi, ho ritenuto opportuno trattare un uccello del peso variabile tra i 14-23g come un animale di 140-230g, moltiplicando per dieci il peso reale. Ho somministrato ad un cardellino del peso di circa 20g, 2mg di silimarina utilizzando una delle tante formulazioni opportunamente diluita in acqua e somministrando una goccia direttamente nel becco con l’ausilio di una micropipetta da laboratorio(Fig.1). L’immissione di liquido a livello di faringe è prontamente seguita da una leggera trazione del collo e ad un delicato massaggio della regione della glottide al fine di stimolare il riflesso della deglutizione(Fig.2). La durata del trattamento dovrebbe essere non inferiore ai 15 giorni. I soggetti da me trattati sono stati 4 , tutti appartenenti alla specie Carduelis carduelis, per un periodo di 15 giorni effettuando una sola somministrazione giornaliera. Già dopo 10 giorni di trattamento ho potuto notare una sensibile riduzione della lunetta epatica che al termine del trattamento era quasi totalmente rientrata entro il limite sternale. In particolare uno fra i tanti soggetti ha mostrato un netto miglioramento delle condizioni generali. All’origine si trattava di un animale facilmente suscettibile alla proliferazione coccidica, tanto da costringermi a continui trattamenti pur di mantenerlo in vita; pur mostrando però una epatomegalia continua e persistente , un addome leggermente gonfio notavo che l’infiammazione addominale si riduceva. Al termine del trattamento non solo l’epatomegalia di tale soggetto è completamente scomparsa ma l’addome ha riacquistato la sua normale morfologia. Inoltre non ho avuto più bisogno di intervenire con coccidiostatici, probabilmente perché il ripristino della funzionalità epatica ha fatto sì che il sistema immune dell’animale abbia riacquistato le sue capacità di difesa aspecifiche. L’uso dell’estratto non ha determinato alcun effetto collaterale nel corso del trattamento e non sono conosciuti negli animali effetti da sovradosaggio essendo la silimarina praticamente atossica.
Ultima modifica di davide c il Ven Feb 10, 2012 10:48 am - modificato 1 volta.
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Re: L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE EPATOPATIE
robi 10 ha scritto:GRAZIE PER LA TUA ESPERIENZA MOLTO INTERESSANTE E UTILE.
PUOI DIRMI IL PRODOTTO COMMERCIALIZZATO COME SI CHIAMA?
GRAZIE!
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Re: L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE EPATOPATIE
CristianoFerrari ha scritto:Posso consigliare,oltre ai vari preparati fitoterapici,lo sciroppo LEGALON ad uso umano. Ha una alta concentrazione di silimarina che gli altri non hanno :wink:
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Re: L’USO DEL CARDO MARIANO (Silybum marianum) NELLE EPATOPATIE
robi 10 ha scritto:CristianoFerrari ha scritto:Posso consigliare,oltre ai vari preparati fitoterapici,lo sciroppo LEGALON ad uso umano. Ha una alta concentrazione di silimarina che gli altri non hanno :wink:
GRAZIE. EPATOPROTETTORE.
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